domenica 10 settembre 2000

Perché non eseguo le traduzioni per tatuaggi in lingua giapponese

Ecco due semplici precisazioni:

  1. non eseguo traduzioni per tatuaggi

  2. non lavoro gratuitamente, nemmeno per una frase di poche parole

Perché il primo punto?

Sono un po’ superstizioso e, soprattutto, non vorrei più vedere italiani che girano fieri con tatuaggi in giapponese scritti con errori fatali.

Un esempio rampo: 大男 (“un uomo alto, di grande statura”) e 犬男 (“un uomo-cane”). Vedete come cambia il significato con l’aggiunta di un solo tratto? E se ci fosse un neo innocente, capitato proprio accanto al carattere inciso sulla pelle?

Un altro esempio: sapete distinguere 辛 (“piccante”, “disagio”) da 幸 (“felicità”)? La differenza è solo una barretta, ma il senso cambia completamente.

Per questo dico che i tatuaggi in lingue straniere sono spesso un rischio. Anche il traduttore più attento e coscienzioso non può garantire la buona riuscita di un tatuaggio: basta un piccolo errore grafico, e il significato si stravolge. E io non vorrei mai assumermi la responsabilità di incidenti che potrebbero segnare in modo spiacevole la vita delle persone.

E davvero vi fidereste di un tatuatore che non conosce nulla della lingua giapponese? Io no. Perché non basta copiare e incollare una frase: il contesto conta sempre. La traduzione è un’arte molto più complessa di quanto sembri.

Se proprio desiderate un tatuaggio in giapponese, forse è meglio farlo realizzare direttamente in Giappone, per maggiore sicurezza. (Ma non chiedetemi a chi rivolgervi: non conosco nessuno del settore!)

Perché il secondo punto?

Semplicemente perché sono un professionista. Un servizio gratuito potete chiederlo magari a Google Translate o a ChatGPT, che migliorano ogni giorno nella precisione; ma quando sbagliano — e capita spesso con le lingue orientali — l’errore può essere davvero enorme.


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